Esterovestizione societaria e nuovo onere della prova in giudizio a carico dell'Amministrazione finanziaria
- Avv. Alberto Iadevaia
- 25 gen 2023
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 10 apr
Importante successo del nostro Studio nella sentenza n. 56/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Liguria depositata il 25 gennaio 2023.
Con la sentenza n. 56/2023, depositata il 25 gennaio scorso, la Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Liguria ha annullato gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società danese accusata di esterovestizione societaria.
La controversia trae origine da uan verificare fiscale operatata dalla Guardia di Finanza sulle attività commerciali svolte presso l’aeroporto Cristoforo Colombo di Genova. In particolare, la verifica si era concentrata sui rapporti tra la società gestrice dell’aeroporto e vari operatori che utilizzavano servizi aeroportuali quali handling, imbarco, decollo, atterraggio e ricovero degli aeromobili. In tale contesto, era stata posta particolare attenzione su una società danese che, avendo preso in affitto un hangar per ricoverarvi la propria flotta di aerei destinati al noleggio, era stata sospettata di operare in realtà come gestore di servizi aero-commerciali direttamente in Italia. L’Agenzia delle Entrate, recependo le conclusioni dei verificatori, aveva ritenuto che le attività fondamentali della società – gestione, manutenzione degli aeromobili e reclutamento del personale – fossero esercitate stabilmente presso la struttura genovese per un periodo superiore ai 183 giorni all'anno, con la conseguente contestazione di un presunto indebito vantaggio fiscale ottenuto mediante la localizzazione formale della sede all’estero e l'assoggettamento della società alla nostra Ires determinata sulla base del regime delle cd. "società di comodo".
I giudici tributari liguri hanno tuttavia sottolineato come, in tema di esterovestizione, l’Amministrazione finanziaria abbia l’onere di fornire una prova rigorosa e concreta circa la fittizia localizzazione della sede estera e l’esistenza di una effettiva sede operativa in Italia. Prova che, secondo la Corte, è stata del tutto carente nel caso esaminato.
La decisione della Corte si basa su due principi fondamentali. In primo luogo, i giudici hanno ribadito che la mera convenienza fiscale, che può aver guidato la scelta di stabilire una società in uno Stato membro con regime fiscale più favorevole, non configura di per sé un abuso della libertà di stabilimento sancita dal diritto dell’Unione Europea.
In secondo luogo, la Corte ha chiaramente evidenziato come la società danese abbia dimostrato di avere una sede legale effettivamente operativa in Danimarca, supportata da documentazione bancaria, contabile e fiscale, nonché dalla certificazione della residenza fiscale rilasciata dalle autorità danesi. Al contrario, l’Agenzia delle Entrate non è riuscita a dimostrare in modo circostanziato che la gestione amministrativa della società avvenisse in Italia. Su questo punto, la Corte ha richiamato specifiche pronunce della Cassazione e della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, affermando che i certificati rilasciati dalle autorità fiscali estere hanno valenza probatoria vincolante, soprattutto in virtù dello scambio automatico di informazioni e delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Pertanto, qualora l’Agenzia delle Entrate intenda contestare tali certificazioni, dovrebbe previamente chiedere chiarimenti alle Amministrazioni fiscali estere competenti.
La sentenza rappresenta un’importante conferma che le contestazioni di esterovestizione societaria richiedono analisi accurate e prove certe, in assenza delle quali gli accertamenti meritano di essere annullati.
Questo significativo risultato, ottenuto grazie alla difesa del nostro Studio, evidenzia ulteriormente l’importanza di un’attenta gestione della prova nelle controversie tributarie internazionali.

