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Investimenti in titoli di stato poco prima della successione: nessuna tassazione automatica

  • Avv. Alberto Iadevaia
  • 30 mar
  • Tempo di lettura: 2 min

Un recente successo dello nostro Studio e un interessante precedente di giurisprudenza: la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Imperia, con una recente sentenza del 2025, esclude l'applicabilità estensiva dell’articolo 22, comma 3, del Testo Unico sull’imposta di successione.


La presunzione assoluta prevista dall’articolo 22, comma 3, del D.Lgs. 346/1990 – secondo cui nella determinazione del saldo dei conti correnti bancari non si tiene conto degli addebiti dipendenti da assegni non presentati al pagamento almeno quattro giorni prima dell’apertura della successione – non può essere applicata estensivamente ad altre operazioni bancarie, quali gli investimenti finanziari (inclusi i titoli di stato) effettuati dal defunto nei giorni immediatamente precedenti la morte.


È quanto afferma con chiarezza una recente sentenza del 2025 della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Imperia, intervenuta su una controversia originata da una ripresa fiscale operata dall’Agenzia delle Entrate su una successione, nella quale l’Ufficio aveva escluso dall’attivo ereditario il valore di alcuni titoli di Stato acquistati dal defunto un paio di giorni prima del suo decesso.


La motivazione della pretesa tributaria dell’Ufficio risiedeva proprio nell’applicazione dell’art. 22, comma 3, D.Lgs. 346/1990, norma che secondo l’Agenzia andrebbe interpretata come una presunzione assoluta di irrilevanza fiscale di qualsiasi movimentazione finanziaria effettuata a ridosso del decesso, incluse operazioni di investimento in beni altrimenti esenti da imposta.


La Corte di Giustizia Tributaria, con un ragionamento rigoroso basato sia sulla lettera della norma, sia sulla consolidata dottrina e giurisprudenza, ha integralmente respinto tale interpretazione estensiva.


La Corte, infatti, ha ribadito come la norma abbia una portata limitata ed estremamente specifica, riferendosi esclusivamente agli assegni bancari tardivamente presentati e non incassati entro il quarto giorno precedente la morte del de cuius. L'interpretazione proposta dall’Agenzia è stata giudicata priva di fondamento giuridico, essendo vietata l’applicazione analogica di disposizioni tributarie a fattispecie diverse da quelle espressamente disciplinate.


Inoltre, la sentenza ha sottolineato che la ratio della norma è chiaramente quella di evitare che il saldo dei conti correnti bancari del de cuius possa essere artificialmente ridotto attraverso emissioni tardive di assegni, creando indebite diminuzioni dell'attivo imponibile. Tale ratio non può estendersi agli investimenti finanziari che, come nel caso esaminato, non riducono l’attivo ereditario, bensì lo modificano semplicemente, sostituendo la liquidità con beni finanziari, spesso esenti, come appunto i titoli di Stato.


La decisione della Corte di Imperia appare significativa, poiché chiarisce definitivamente che gli investimenti finanziari effettuati poco prima dell'apertura della successione non possono essere automaticamente tassati con un'interpretazione analogica dell’art. 22, comma 3 del Testo Unico sulle successioni, confermando l'orientamento interpretativo restrittivo della norma sostenuto dalla prevalente dottrina tributaria.


La sentenza rappresenta quindi un importante precedente non necessariamente confinato all'ambito dell'imposta sulle successioni; è infatti rilevante sia per la tutela dei diritti dei contribuenti, sia per l'interpretazione rigorosa delle norme fiscali, contribuendo a evitare indebiti ampliamenti della base imponibile attraverso letture estensive non consentite dalla legge tributaria.




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